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Tag: Nnedi Okorafor

autricә imbarazzanti e cosa farne: parte due, quella leggera

Posted on 2021/03/17 - 2021/03/17 by queerwolf

eccoci di nuovo, amicә, dopo il post serioso dell’altra volta.

quindi: hai scoperto che lә tuә registә preferitә colleziona più accuse di stupro che Oscar.

che fare?

qui sotto troverai alcune proposte, più o meno condivisibili, più o meno efficaci. spesso la loro forza dipende da due fattori:

  • il primo, è se l’autricә è ancora in vita: alcuni elementi (esempio a caso: i soldi) possono influenzare il prossimo quando ha bisogno di pagare il riscaldamento del suo castello. lo fanno lә nostrә capә a lavoro con noi, perché non farlo con lә autricә imbarazzanti? considereremo vivә anche lә autricә che possono essere fisicamente polvere ma culturalmente presenti, prese ancora come modello da altrә autricә.
  • il secondo, è il modo in cui le sue idee si riflettono o meno nell’opera: ci sono autricә che riescono a mantenere un certo filtro. altrә che rappresentano mondi permeati da ideali che poi non portano nella realtà. altrә non si fanno problemi a inserire riferimenti razzisti, sessisti, omolesbobitransfobici: con un po’ di fortuna, verranno definitә dellә enfant terrible.

(parleremo per lo più di libri, ma queste soluzioni bene o male sono applicabili a ogni forma d’arte)

 

metodo Madonna, aka “Material Girl”

adatto per: autricә ancora in vita, morte con eredi meh, opere basate in modo acritico sulle opere di autricә imbarazzanti.

perché vivere in un paese capitalista deve essere solo un vantaggio per l’autricә affermatә, e non diventare un problema? facciamo allora ә ragazzә materialistә: spendiamo i nostri soldi per cioccolata, glitter e saggi di bell hooks. nel mentre se vogliamo comunque leggere le loro storie, prendiamo i libri dell’autricә imbarazzantә in biblioteca, da un’amicә che li ha già. o compriamoli usati, così da aiutare qualche poverә libraiә.

non si tratta di una scelta da poco: se qualcunә ha delle idee di merda, è probabile che coi suoi soldi favorirà idee e gruppi politici di merda. se oggi smettiamo di comprare i libri di Orson Scott Card sicuramente non morirà di fame, ma almeno la smetterà di uscire con Ben Shapiro, o di indossare quegli orribili vestiti.

lo sapevi? Orson Scott Card (autore di Ender’s Game) è orgogliosamente omolesbobitransfobo. ma tipo che non perde un’occasione per prendersela con le persone queer e trans. Orson, amica: fatti una vita.

 

metodo I racconti nel muro, aka “No mamma, non era Lovecraft ma un porno, giuro!”

adatto per: quell’autricә con cui sei cresciutә, ma.

oltre ai soldi, ә autricә imbarazzante può utilizzare fama e visibilità come merce di scambio: e chi genera quella visibilità?

sempre per il principio del personal branding, non parlare di un’autricә, soprattutto sui social, è un modo per depotenziarlә o, per lo meno, non rafforzarne la visibilità: ok, non siamo Chiara Ferragni, ma anche noi influenziamo la nostra bolla.

personalmente la vedo come un’opzione di transizione verso il metodo Ariana Grande.

lo sapevi? Michel Houellebecq è un filino islamofobico. ok, Le particelle elementari può pure essere un gran romanzo, ma perché non provi, che ne so, un China Daddy Miéville?

 

metodo Ponzio Pilato, aka “Separiamo l’opera dall’autore”

adatto per: no

sul perché, ti rimandiamo alla prima parte dell’articolo. e ti diamo un abbracciotto per essere arrivatә fino a qui: grazie.

 

metodo HBO, aka “Contestualizzare”

adatto per: no.

no, perché quando si parla di un’autrice imbarazzante, è un metodo neutrale tanto quanto il Ponzio Pilato. casualmente, l’amicә pronta a separare l’opera dall’autricә è anche lestә nel ricordarci che “dai, insomma, facevano tuttә così all’epoca”. citando Nnedi Okorafor: “il fatto che un sacco di gente all’epoca fosse razzista non cambia il fatto che Lovecraft fosse razzista”.

lo sapevi? V. S. Naipaul, autore premio Nobel per la Letteratura nel 2001, durante la sua carriera ha avuto numerose uscite razziste e misogine, fino alla fine dei suoi giorni. ma bisogna contestualizzare: era solo il 2018.

 

metodo Social Justice Warrior, aka “a questo giro non mi incazzeroooohhh! ma come puoi pensare ‘sta roba Giancoso, seriamente?!?”

adatto per: ogni tipo di autricә, ma solo se si ha molta pazienza e nessun disturbo ansioso. e qualcunә che ti consoli.

ovvero: intervenire nei post in cui si parla di quell’autricә per informare. è un lavoro emotivamente costoso, fatto a favore delle altre persone: se le soluzioni precedenti riguardano il rapporto tra te e l’autricә imbarazzante, in questo caso si tratta di far capire a chi ancora non sa che beh, insomma, lә suә scrittricә preferitә è orgogliosamente misogina. scelta non facile quando ad esempio si parla di letteratura weird, realtà discretamente reazionaria e misogina.

lo sapevi? JK Rowling, dopo diversi, ehm, accidentali like a tweet transescludenti, sta difendendo da mesi le sue posizioni giustificandole anche attraverso elementi del suo passato (ding dong: metodo HBO) che, da persona che ha vissuto uno stupro, trovo doppiamente offensivi: non si usa un’esperienza così orribile per colpire persone innocenti. non paga, il nuovo romanzo ha al centro un uomo che si traveste da donna per uccidere le donne. spoiler: l’assassino è Lars Von Trier.

 

metodo Gimme More, aka “It’s Britney, B*tch!”

adatto per: soprattutto le autricә vive. quelle che potrebbero arrabbiarsi proprio tantissimo.

internet ha creato un sacco di cose magnifiche: meme, OnlyFans, fanfiction. una delle risposte più creative allә autricә imbarazzantә è espropriarlә dei propri universi di produzione per creare storie che includano quei gruppi marginalizzati in modo rispettoso. è quello che hanno fatto Kij Johnson e Victor LaValle con Lovecraft: la prima con La ricerca onirica di Vellitt Boe ha messo una donna al centro dell’universo onirico di HP; il secondo, con La ballata di Black Tom ha affrontato la questione razziale. e poi abbiamo Lovecraft Country (libro di Matt Ruff, serie di Misha Green). personalmente, non vedo l’ora di leggere di quando Emis Killa perse il lip–sync contro Alyssa Edwards. di nuovo.

lo sapevi? Dan Simmons, autore della saga di Hyperion, è omofobo, islamofobo, e un attimino “quella cosa che in Italia non esiste più dal 1945”.

 

metodo Annabelle

Adatto per: autricә mortә ma che continuano a venire presә come modello.

bambola, tavola ouija, serata con lә amichә, buca profonda ed è fatta.

lo sapevi? sì, direi che sì, lo sai. Lovecraft. sigh.

 

metodo Ariana Grande, aka “Thank You, Next”

adattoper: qualsiasi situazione, ex inclusә.

l’abbiamo lasciato in fondo perché più che un metodo, è uno stato d’animo.

ok, carә autricә: abbiamo vissuto momenti magnifici assieme. sono cresciutә con te, hai ispirato i miei sogni e le mie partite a D&D. è stato bello, ma è ora di guardare altrove.

non è insolito che autricә spariscano per molto meno: non ce ne lamentiamo quando l’assassino è la Mano Invisibile del Mercato™, o quando gli ideali di quell’autricә sono spirati con lei:

Ricca o povera, Italia,
sei la patria mia.
Sei così bella che somigli alla mia mamma.

Renzo: Thank You, Next.

anche la migliore delle amicizie può finire, compresa quella con un’autricә: arrivederci, e grazie per tutto il pesce.

 

e quindi

Google ci dice che al mondo ci sono 129.864.880 opere diverse da leggere. anche con tutto l’impegno, potremo leggerne durante la nostra vita lo 0,005 % (fa male, lo sappiamo).

di libri magnifici scritti da autricә non imbarazzanti ce ne sono a quintali.

vuoi avere terrore? chiudi Howard Potter Lovecraft e perditi tra i racconti di Thomas Ligotti.

vuoi leggere di adolescenti indimenticabili e lezioni di magia e di vita? dimentica i libri della Regina delle TERF e perditi tra le pagine di Akata Witch e Akata Warrior di Nnedi Okorafor.

vuoi un fantasy epico capace di parlare di razzismo lungo trame grandiose? innamorati di N.K. Jemisin e della sua trilogia La Terra Spezzata, e lascia Silvana de Mari sola coi suoi sproloqui.

se il tuo cuore brama il futuro, ignora quello di Orson – penso più ai gay degli stessi gay – Scott Card e affidati agli imperi di Ann Leckie, dove AI senzienti sanno empatizzare col prossimo più di moltә autricә.

e ancora: ci sono tre continenti che ignoriamo per la maggior parte della nostra vita, salvo forse per cercare una vacanza esotica. vuoi che non ci siano autricә magnificә che hanno avuto solo la sfortuna di non esser natә da questa parte del globo? lavoro e capitale già rendono le nostre vite soffocanti: allarghiamo il nostro sguardo.

 

visto che l’abbiamo citata più volte, vorremo concludere con una citazione di Nnedi Okorafor, tratta da una riflessione che ha fatto quando si è ritrovata in casa il busto di Lovecraft, premio vinto per il Miglior Romanzo ai World Fantasy Award del 2011:

“Lovecraft probabilmente si sta rotolando nella tomba. o, forse, diventato spirito, la sua mente si è ripulita dal veleno e ora comprende gli errori del passato. magari è felice che un libro ambientato e su un’Africa nel futuro abbia vinto un premio realizzato in suo onore. sì, è quello che voglio immaginare”.

e se gli spiriti possono cambiare, possono cambiare pure lә lettricә.

alla prossima, amicә.

Posted in chihuahuaTagged J.K.Rowling, Lovecraft, narrazione, Nnedi Okorafor, scrittura

didascalico

Posted on 2020/12/28 - 2021/03/17 by queerwolf

quando mi è stato fatto notare qualche mese fa, mi sono innervosito. ho cercato subito un modo per riportare la discussione a vantaggio della mia posizione, senza rendermi conto di star perdendo un’occasione importante. perché chi era dall’altra parte aveva ragione: fare narrativa raccontando le vite delle minoranze porta spesso alla costruzione di storie con scene e dialoghi didascalici, sacrificando il “bello” a favore dell’utile.

la cosa che non avevo capito durante quella conversazione è che questo non è né una colpa, né un problema. ci sono ovviamente le grandiose eccezioni, ma non tuttu noi che scriviamo siamo Virginia Woolf, e spesso arrossiamo anche solo se ci paragonano a Gramellini (dovessi farlo, uccidetemi).

per parlare di razzismo senza essere didascalica, sua venerabilità N.K. Jemisin ha dovuto scrivere una storia in tre volumi. Nnedi Okorafor invece implicitamente ti dice: se non comprendi i riferimenti alla cultura nigeriana, sono cavoli tuoi. tieniti accanto un motore di ricerca e studia, che se hai imparato tutte le formazioni del Milan degli ultimi 40 anni puoi pure ricordarti che cos’è un dashiki.

quindi.

le narrazioni didascaliche non sono una colpa

e il perché è banale: per un vantaggio di tempo e influenza dei/nei media, ciò che ha rimandi alla cultura egemone non avrà mai bisogno di essere spiegato. se racconto la vita di Giulio e Agata e del figlio adolescente Matteo e sono tuttu e tre cisetero della periferia di Latina, non mi servono contestualizzazioni, spiegazioni, approfondimenti per far capire a chi legge perché Matteo voglia scappare a Bologna. e se scelgo di farlo, ho dalla mia qualche secolo di metafore, rimandi, giochi di parole.

se invece voglio parlare dell’esperienza non binaria di K, sono obbligato o a piazzare un’etichetta (es: “Ciao lettriciu, sorpresa: ti presento K, persona non binaria”) o a snocciolare qua e là esempi, dettagli, frasi, dialoghi nella speranza che la cosa sia chiara a chi legge. una di quelle cose che il critico MBEB di turno lamenterebbe come “Questo testo è pesante e pieno di riferimenti non necessari” (sul fatto che la critica sia costruita da un pubblico preciso per un pubblico preciso, è un altro problema che si affronterà probabilmente più avanti).

negli ultimi anni sono molti i gruppi marginalizzati che stanno cercando di prendere un controllo sulla propria rappresentazione. spesso questa fino a poco fa era assente, superficiale, pregiudizievole. siamo appena nati, ed è necessario del tempo per inventarci un nuovo lessico, nuove prospettive, per far sì che la nostra lingua possa rappresentarle a dovere. e mentre si procede per tentativi, la soluzione più immediata per arrivare in modo chiaro a chi leggere, è l’essere didascalicu.

le narrazioni didascaliche non sono un problema

primo: cito di nuovo la divina N.K. Jemisin che in un’intervista in soldoni diceva: se usiamo linguaggi metaforici continuerete a dire di non aver capito che quel racconto parlava di razzismo/bifobia/sessimo etc. se ve lo mettiamo davanti in modo esplicito potete pure continuare a girarvi dall’altra parte, ma almeno saprete di essere degli stronzi.

ma, soprattutto: per chi sono queste storie?

qualche giorno fa mi sono sgridato da solo. ero circa a due terzi di Felix ever after di Kacen Callender (un romanzo che parla di un ragazzo AFAB che subisce un outing a scuola, e del suo desiderio di essere amato), e continuavo a borbottare quando mi trovavo davanti a dialoghi che avevano una sola funzione: smontare topos transfobici, come la Tizia che dice “Sono femminista, e quindi se sei un ragazzo AFAB per me sei una traditrice delle donne”. continuavo a pensare: ecco, questi sono i libri che danno ragione al ragazzo con cui ho discusso mesi fa. e poi ad un certo punto mi sono accorto di star ragionando come il classico MBEB, convinto che tutte le narrazioni debbano essere rivolte a me, che sia il lettore modello di ogni fottutu autriciu di questo pianeta.

Felix ever after non è per me: certo, lo posso leggere (e l’ho fatto con piacere), ma il libro di Callender è per chi adolescente si riconosce come AFAB/AMAB e ha paura, prova confusione, non comprende perché si senta quasi a suo agio nella definizione di persona trans, ma non fino in fondo.

quando un testo ha questo obiettivo, quando vuole dire “Esistiamo e meritiamo una vita piena e valida come quella di tuttu”, non può che essere didascalico. certo, ci sono scene che possiamo narrare in modo più esteticamente appagante (non a caso, quelle che si appoggiano alle prospettive della cultura egemone, come un padre che abbraccia un figlio dopo anni di rifiuti), ma la chiarezza diventa più importante dell’estetica. quando non sei abituatu a vederti rappresentatu, è istintivo cercarti nelle storie che incontri, sperare che il fatto che Pinco Pallo sia un uomo di trent’anni single in quel romanzo sia il segno che no dai, non è single, ha un compagno ma l’autore non è stato così coraggioso da dirlo. e leggere in modo chiaro ed esplicito “E poi Pinco Pallo si disse “Basta!”: fece le valigie e si trasferì da Amanda, Stefano e Pietro, i suoi grandi amori” è una cosa che chi non fa parte di una minoranza non potrà capire. non è una colpa, ambiamo alla vostra stessa fortuna. ma nel mentre avremo bisogno di scrivere cose che voi riterrete “brutte”, e ce ne faremo una ragione: quei libri non sono per voi.

Posted in colpi di codaTagged Kacen Callender, letteratura, MBEB, N.K. Jemisin, Nnedi Okorafor

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