chi soffre di disturbi d’ansia o di depressione spesso è consapevole del potere della narrazione personale. dopo un attacco, quando si trova il tempo di mettere a nudo il meccanismo che l’ha scatenato, la sproporzione delle sue meccaniche diventa evidente: no, non è vero che non vali niente, che non meriti l’amore di nessuno, che sei un fallimento. che il tuo corpo è fragile, che non hai forza emotiva, che le tue opinioni non valgono. sono cose che si possono capire dopo, ma che sul momento sono assolutamente vere e più reali di qualsiasi dato oggettivo o rassicurazione si riceva. e queste idee alimentano il meccanismo autodistruttivo che porta poi all’attacco d’ansia o di panico o all’acuirsi dello stato depressivo. la narrazione personale è distorta, esageratamente negativa, ma diventa l’unica cosa vera. sul momento è difficile rendersene conto perché il cervello è una macchina di infinita caoticità: anche a voler esser completamente presenti a noi stessu, vengono elaborati centinaia di messaggi al secondo che leggiamo e immagazziniamo secondo i bias che abbiamo sviluppato. se la nostra narrazione personale è condizionata dalla lente di un giudizio negativo, il risultato possibile è solo uno.
si può imparare molto in questi giorni dalle persone non neurotipiche, perché quello che sta accadendo fuori, politicamente, è molto simile al vissuto interiore quotidiano, allo scontro con il poliziotto mentale che arbitrariamente accusa e punisce. gli input esterni sono violentemente colpevolizzanti. la scelta politica è stata di renderci colpevoli di ogni singola morte o infezione, invece di prendersela con gli effettivi responsabili. siamo dei mostri per una spesa in più, per aver allungato la strada dal supermercato a casa per goderci due raggi di sole. per aver messo in discussione le motivazioni del Buon Padre della Patria che si prende cura di noi pecorelle smarrite e incapaci.
ci vuole molta forza e un background critico notevole per poter far sì che il nostro cervello filtri questi messaggi e li legga per ciò che sono: stronzate. e la maggior parte di noi purtroppo non ha avuto modo di sviluppare questa capacità, anche e soprattutto perché la società competitiva e individualista che ci ha cresciutu ci ha abituatu all’idea che ogni fallimento o errore sia una colpa personale, che lo star male sia segno di un’incapacità vergognosa, che non esistano responsabilità collettive e sociali.
per questo è fondamentale in queste giornate insane fermarsi e concedersi del tempo per ascoltarsi, per capire qual è la propria narrazione personale: come mi sto vedendo, come mi sto descrivendo? come penso che mi vedano le altre persone? quali azioni sto limitando perché ho paura? ascoltiamo e poi smontiamo con rispetto e tenerezza verso noi stessu quei finti dati di fatto che abbiamo sviluppato in queste giornate assurde, e ricordiamoci che questa è l’unica vita che abbiamo e che nessuno, men che meno un Buon Padre della Patria ed i suoi sgherri armati possono dirci come sia giusto viverla. potremo costruire nuove utopie solo se sapremo uccidere il poliziotto interiore.