TW: si parla di sesso in modo informale.
in questi ultimi mesi il mio rapporto col sesso si è incasinato. non che sia stato mai particolarmente sereno, però l’anno passato avevo iniziato a superare alcune paure, a sperimentare almeno durante la masturbazione. poi qualcosa si è bloccato. il desiderio va e viene, e quando viene non sa che voce darsi. una cosa che mi ha colpito, è che quando ho parlato di questa cosa a persone vicine spesso mi son sentito dire “Anche io”. immagino che pandemia e dispositivi di distanziamento sociale abbiano le loro responsabilità: il sesso spesso è un atto di fantasia, e la fantasia è un palloncino ancorato al reale, e questo reale per moltu di noi da mesi esclude o complica il contatto fisico.
ma sono dell’idea che le crisi non creino problemi ma li esasperino, e che i disagi che proviamo ora fossero lì dietro l’angolo ad aspettarci. e quindi ho iniziato a ragionare sul principale produttore di fantasie sessuali della nostra società: il porno.
le considerazioni che seguono sono davvero banali, ne sono consapevole. però a volte inseguiamo così bene le soluzioni più complesse da dimenticarci le risposte più ovvie. scriverle mi ha aiutato a fare un po’ più di ordine in testa, e spero che possa aiutare qualcunu di voi. premetto infine che le mie riflessioni fanno capo alla pornografia omosessuale, ma visto che la comunità gay è sempre stata bravissima nel prendere il peggio dal mondo eterosessuale, immagino che molti punti siano sovrapponibili.
nel porno gay c’è uno stereotipo fisico che è “normale”, dove “normale = a cui ambire, pregiato”. lo si comprende perché non ha un suo tag specifico, non finisce in un kink, in una categoria. questo ubergay nasce dall’intersezione tra un discorso di età (a spanne dai 22 ai 32 anni), fisicità (né twink né bear, magro ma non troppo, muscoloso ma senza eccessi, assolutamente non grasso dove grasso = 0,0005% di ciccetta sulla pancia), colore della pelle (bianca), abilità (totale), aderenza al ruolo di genere (100% legato alla mascolinità egemone, sempre sessualmente arrapato e arrapabile). basta distanziarsi di un fattore da queste possibilità per diventare non una persona, ma una categoria pornografica.
poi si aggiunge la rappresentazione dei ruoli sessuali, dove la differenziazione ricade su ciò che si fa. in linea di massima il confine netto è tra attivo e passivo, e la definizioni di chi è cosa ricalca in modo chiaro la divisione di ruoli di genere etero. l’idea della versatilità merita già una categoria a sé (flip flop). la regia è la maggior parte delle volte una celebrazione dalla prospettiva dell’attivo, che viene dipinto come un dominatore, vuoi attraverso le posizioni assunte (pompini ricevuti spaparanzato sul divano mentre l’altro è inginocchiato; in piedi con prospettive dal basso, dove l’attivo sembra gigantesco, o dall’alto, dove il passivo è palesemente sovrastato; si scopa da dietro a quattro zampe; e via di seguito) vuoi dalle cose che accadono (sborrata in faccia). spesso è un attivo “totale”: se è rappresentato del petting, non tocca il cazzo del passivo, non lo spompina. spesso non fa nemmeno del rimming: il passivo d’altronde è noto che è rilassato e dilatato a sufficienza quando l’odore di testosterone riempie l’aria, quando è chiaro che avrà l’onore di ricevere un VERO CAZZO™. tra i due, quello dell’attivo è il ruolo più performativo (benvenuta mascolinità tossica) e che non concede errori di rappresentazione: pose sempre tese, verseggi da “vero maschio” (yeah, ah, fuck!), ritmi penetrativi da martello pneumatico. non è insolito che lui venga, il passivo no. in fondo, il cazzo nel porno come nel mondo reale è il centro dell’universo, e spesso le inquadrature sono per lo più dedicate a lui e a ciò che fa o riceve.
e poi c’è il modo in cui viene narrato l’atto sessuale: come un atto penetrativo che culmina nell’eiaculazione. tutto quello che c’è prima, è in funzione della penetrazione. si comprende bene anche nei teaser, in quei video sotto i dieci minuti che devono poi invogliarti a sottoscrivere un abbonamento o comprare il film: seghe, pompini, baciotti, dialoghi occupano la maggior parte del tempo perché non sono importanti. quel che conta è la penetrazione, e/o l’eiaculazione: alcuni teaser si fermano dopo pochi colpi in culo, altri si bloccano nel momento in cui l’attivo sbora. vista la loro funzione commerciale, il messaggio è chiaro: ciò che vuoi comprare viene dopo, tutto il resto non conta.
se il filmato si concentra solo su un aspetto del petting (sega, pompini) già siamo in una categoria separata, in un kink (e visto che la fantasia è ancorata al mondo reale, nel quotidiano spesso queste cose non sono definite come sesso, non sono indici di superamento di quel, ehm, grande traguardo che è la perdita della verginità). il mondo delle coccole post orgasmo non esiste. le cose altre (sado, pissing, frotting, momenti di tenerezza etc etc etc) sono per l’appunto altre: non sono il centro del porno penetrativo che, di nuovo, passa per “normale = migliore”.
tutte queste cose sono importanti non solo perché condizionano il modo in cui costruiamo e rappresentiamo le nostre fantasie (tra l’altro, la definizione del consenso nel porno è praticamente assente, la coercizione e forme più o meno esplicite di stupro sono frequenti), ma visto che il porno costruisce il nostro immaginario sessuale, ci dicono anche se siamo o meno degni di attenzioni e affetto nel mondo reale.
le chat di gay dating seguono con le loro codifiche esattamente quelle che troviamo nel porno: tag fisici, tag di ruolo, tag di kink. si specifica ciò che esce dalla norma. se sento e desidero cose diverse, allora sono fuori dalla norma, da quella norma che in automatico è giusta. e se gli altri vogliono cose diverse da me, ed io ho una sessualità che (sembra?) aderire perfettamente a quell’immaginario, allora gli altri sono sbagliati o, al massimo, sono funzionali al mio divertimento esotico per una volta o due.
ma il sesso e il desiderio sessuale e le espressioni identitarie non sono mai sbagliate una volta che c’è il consenso e, soprattutto, non sono mai “normali”. abbiamo costruito un’identità variegata e complessa su un bisogno primario come quello dell’alimentazione (con un sacco di altri problemi) e, nazionalismi idioti a parte, è raro che qualcuno ci neghi la possibilità di costruirci la nostra nicchia alimentare fatta di cose che ci piacciono, di cose che non ci piacciono, e di combinazioni che ad altri sembrano strane (anche se poi trovare determinati prodotti diventa comunque difficile e costoso). dovrebbe essere lo stesso per il sesso, che è un bisogno primario a sua volta, uno strumento comunicativo e di piacere.
quando vado al supermercato, non trovo un reparto marmellate pieno di giganteschi barattoli di confettura di albicocca, illuminati e ben esposti, pubblicizzati, mentre quelle di arance, mandarino, prugna, pesca vengono nascoste dietro, messe in lontananza, confezionate in barattoli minuscoli, posizionate nell’ombra. e nessuno mi guarda male se ignoro le marmellate per fare scorta di crema al pistacchio.
la metafora alimentare fallisce comunque in un aspetto: per quanto si dica “siamo ciò che mangiamo”, non siamo mai davvero una marmellata di more o una confettura di fragole. quando invece si tratta di sesso e pornografia, siamo anche la parte rappresentata. e il porno mainstream ci sta dicendo costantemente che se non siamo confetture di albicocche, nessuno ci vorrà mai. che è letteralmente quello che rimarcano Grindr, Gay Romeo, ma anche app miste come Tinder: esiste una sola rappresentazione (binaria), una sola “scelta” sessuale (etero o gay), una sola rappresentazione erotica (penetrativa ed eiaculativa).
fortunatamente stanno nascendo nuovi modi di fare pornografia, o si stanno valorizzando voci che da decenni lottano contro questa rappresentazione (Annie Sprinkle, Candida Royalle), ma sono cose che rimangono lontane dagli ambienti mainstream, e che si scoprono spesso tardi, quando una fetta grossa della propria identità è già consolidata. e a volte temo che da lì in avanti si possano trovare solo rattoppi, non nuove definizioni di felicità.