da qualche settimana il pack ha deciso di tentare di sovvertire il capitalismo attraverso un nuovo medium: i videogiochi.
l’idea è nata più o meno per caso, quando lazyfox ha passato questo a queerwolf. c’è stata un po’ di resistenza iniziale (queerwolf ha pensato subito “linguaggio programmazione = non ce la farò mai”), ma quando il passo è stato fatto, è nato l’amore. e con l’amore, sono partiti i progetti.
abbiamo pensato di condividere con voi riflessioni e spunti in corso d’opera: Anna Anthropy nel suo rise of the videogame zinesters ci invita tuttu a essere autriciu di videogiochi casalinghi, di progetti fatti per raccontare le cose dal nostro punto di vista (invece di accrescere le grosse case produttrici). condividere con voi gioie e problemi di questo progetto può essere un modo per aiutarci a vicenda, o per spingere qualcunu che è ancora in dubbio a fare il passo.
partiamo da una cosa semplice: scegliere ink come linguaggio di codice ha significato determinare in modo specifico la natura del nostro progetto.
inkle ha creato nel corso degli anni giochi dove la narrazione è centrale: 80 days è un mix di testi e immagini. heaven’s vault ci permette qualche spostamento e interazione, ma la storia rimane sempre il motore centrale. il bellissimo pendragon unisce una logica simile a quella degli scacchi a supporto di una storia sempre varia.
andare in questa direzione era la cosa più ovvia per la natura stessa del creepy cute commie pack: se parte del pack è appassionata di scrittura, le discussioni su cosa voglia dire narrare, sulle sue conseguenze sul mondo, sul merito o meno di determinate narrazioni è pane quotidiano.
ink inoltre ha un’integrazione agile con unity, e questo permette a lazyfox di alzare la codina e mostrare tutte le sue capacità di programmazione e creazione: insomma, era la scelta più sensata.
ci sono altri programmi che permettono di creare videogiochi narrativi: il più famoso twine ad esempio, o inklewriter della stessa inkle, pensato per quellu scrittriciu che appena vedono una ~ iniziano a piangere (comprensibilmente). vorremmo tanto dire che la scelta di ink è stata frutto di selezioni, ragionamenti, discussioni ma no: è nato l’amore, ci siamo fossilizzatu lì e ciaone.
man mano condivideremo spunti e riflessioni più o meno corpose, ma ora non è il caso di trasformare questo post in una tesi. però, una prima cosa bella volevamo raccontarvela.
tra le varie cose su cui siamo concordi nel pack, c’è l’idea che nessun prodotto artistico sia un’esperienza solitaria. se prendiamo ad esempio artisticità considerate proprietà di unu solu autriciu come la pittura o la scrittura, non ci è difficile notare come questa idea di proprietà dell’opera sia totalmente aleatoria. ok, tua è la mano che ha dato la pennellata, tuo il ditino che ha messo il punto alla fine del romanzo. ma le cose che hai pensato, il come le hai realizzate, i temi su cui ti sei concentratu sono un’esperienza collettiva. sono condizionate da ciò che ti circonda, e dalle persone con cui dialoghi. quel volto o quel personaggio è nato da quel tratto che ami tanto della tua migliore amica e da quella parte di te che ora non c’è più. l’aver deciso di raccontare una storia sulla fatica invisibile del lavoro di cura è nata dopo aver parlato per ore con tua sorella, che non ne può più di fare da moglie, madre e badare a suo suocero mentre continua a lavorare.
ogni opera è un’opera collettiva.
da appassionatu di giochi di ruolo narrativi, questa idea si è rafforzata ogni volta che ci siamo sedutu al tavolo e abbiamo visto crescere le storie attraverso le interazioni tra le varie fantasie e creatività presenti.
e iniziare questo progetto è stata l’ennesima riconferma perché, accanto alla creazione concreta di quello che stiamo facendo, c’è un aspetto meta che è dato dal dialogo tra le nostre prospettive e le nostre competenze: la storia deve dare voce alle meccaniche, le meccaniche devono dare senso alla storia. è un aspetto imprescindibile, e questa cosa è magica. e, sempre per citare Anna Anthropy, è specifica della piccola produzione di videogiochi: nelle grandi case sei solo una parte dell’immenso ingranaggio di creazione, e la tua visione del mondo non viene tenuta in considerazione. non sei diversu da ermenegildu che passa otto ore a trasportare oggetti in giro per la città.
ci piace quindi credere che qualunque cosa uscirà da questa esperienza, sarà goffa, imperfetta ma viva.
e non vediamo l’ora di condividere i pasticciosi risultati con voi.